domenica 13 giugno 2010

Ho letto: "Il Barone rampante" di Italo Calvino

Cosimo Piovasco Barone di Rondò, nobiluomo ligure della fine del Settecento, ha, fin dalla preadolescenza, una vita ricca e densa di avvenimenti. Si è costruito una cultura vastissima, che gli ha permesso di intraprendere scambi epistolari con Enciclopedisti e filosofi, ha realizzato opere idrauliche e istituito un corpo di volontari deputato a spegnere gli incendi dei boschi, combattuto i pirati Barbareschi, vissuto innumerevoli avventure galanti e un grande, grandissimo amore per la Marchesina Violante D'Ondariva, detta la Sinforosa, è stato Gran Maestro di una loggia massonica, ha guidato il popolo di Ombrosa nella rivolta contro i Genovesi e incontrato Napoleone Bonaparte.
Nella sua lunga vita ha conosciuto ladri di frutta, librai ebrei, briganti e nobildonne genovesi (le "Cinque Passere"), blasonati spagnoli in esilio e infidi Gesuiti, ufficiali di marina e carbonai bergamaschi. E' stato cacciatore, spadaccino, tipografo e chissà cos'altro ancora. Una vita piena e avventurosa, che lo ha reso famoso in tutti i salotti europei, pur se non si è mai allontanato da Ombrosa.
Come mai è così conosciuto anche se altri contemporanei hanno avuto vite più avventurose della sua? A cosa è dovuta la fama di "buon selvaggio" che lo accompagna? Al fatto che Cosimo Piovasco Barone di Rondò dall'età di dodici anni, e precisamente dal 15 giugno del 1767, vive sugli alberi.
Un atto di ribellione di fronte a un piatto di lumache rifiutato, una discussione con il padre, il severo Barone Arminio, e Cosimo esce dalla villa paterna per salire su un maestoso elce che troneggia nel giardino, giurando che non sarebbe mai più sceso a terra. E mantiene la parola, come racconta il fratello minore Biagio, voce narrante del romanzo.
Una sola volta si allontana da Ombrosa: quando, per la curiosità di conoscere certi Spagnoli, arboricoli come lui, se ne va al vicino borgo di Olivabassa, sempre per vie aeree, e si trattiene colà per qualche tempo; e una sola volta abbandona i suoi alberi per trovarsi aggrappato al pennone di una scialuppa, in fondo un albero pure quello, a combattere con tre ufficiali barbareschi.
Grande la fantasia di Calvino nel generare il protagonista, e grande anche la sua maestria nel tratteggiare gli altri personaggi della storia a cominciare da Viola, la Sinforosa, che il Barone conosce quando sono entrambi bambini, e che sparisce dalla sua vita per qualche anno, per rientrarvi prepotentemente. La loro è una storia d'amore profondo e di grandi slanci, che termina perché lui non vuole ammettere di essere geloso, mentre lei è quello che desidera per sentirsi più amata. Troppo orgogliosi per cedere, si lasceranno e le vicende storiche faranno sì che non si incontrino mai più, pur essendo fatti l'una per l'altro.
Che dire, poi, del Cavaliere Avvocato Enea Silvio Carrega? Fratello naturale del padre di Cosimo, idraulico e sovrintendente alle proprietà della famiglia, sembra di vederlo, questo ometto con la zimarra e il fez, abbigliamento rimastogli per certi trascorsi Ottomani che lo porteranno a una tragica morte.
O ancora della Generalessa madre? A dispetto della rigida educazione militaresca ricevuta dal teutonico genitore, è mossa da slanci di amore verso quel figlio bizzarro, osservato nelle sue evoluzioni arboree grazie a un cannocchiale da campo. In punto di morte la Generalessa vorrà essere accudita solo da Cosimo che, appollaiato su un ramo fuori la finestra, grazie a certe lunghe pertiche soddisferà le sue richieste.
Ci sono altri personaggi minori, come il brigante Gian dei Brughi, la sorella Battista, cuoca del piatto di lumache che scatenerà la ribellione, l'abate Fauchelafleur e così via, figure di sfondo di un affresco pieno di brio.
Non poteva mancare un cane fedele: il bassotto Ottimo Massimo. Difficile immaginare un'accoppiata più scombinata: il cane vive rasente il terreno e il padrone si muove di ramo in ramo e di albero in albero, in un mondo tridimensionale negato ai comuni mortali.
Poteva mai il Barone Cosimo Piovasco di Rondò morire in un letto al termine della sua vita arborea? Certo che no, anche se il fratello Biagio e gli abitanti del paese gli allestiscono un letto a baldacchino sul noce della piazza: un giorno vede apparire una mongolfiera, si aggrappa alla corda dell'ancora penzolante dal pallone e sparisce verso il mare. Non se ne saprà più nulla.
Le invenzioni sono tante e tante, in uno scoppiettante gioco di immaginazione, e rendono "Il Barone rampante" una lettura godibilissima e un romanzo fuori dagli stereotipi: bellissimo!

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