giovedì 24 giugno 2010

"L'ombra del vento" di Carlos Ruiz Zafon

Di recente ho letto "L'ombra del vento", di Carlos Ruiz Zafon, e, devo dire, non mi ha deluso, ma nemmeno pienamente soddisfatto. L'autore è un bravo scrittore (a meno che la traduzione di Lia Sezzi non ne amplifichi i meriti), il testo scorre e avvince il lettore.
Veniamo al romanzo: non è un capolavoro assoluto della letteratura mondiale anche se ha un suo fascino; non è facilmente inquadrabile in qualche genere letterario, perché, a mio parere, non è un thriller, né un libro di avventura, o un horror, o un mistery o, ancora, un libro fantasy. La trama è complessa anche se alcuni colpi di scena sono prevedibili, come ad esempio la vera identità di Lain Coubert, il demone in carne e ossa che va in giro a bruciare libri, come una specie di Guy Montag (il vigile del fuoco di Fahrenheit 451) in anticipo sui tempi.
Il libro ha due protagonisti, Daniel Sempere e Julian Carax, un deuteragonista, appunto Lain Coubert, un antagonista, l'ispettore Fumero, assassino cinico e spietato, e tanti comprimari qualcuno dei quali, e mi viene in mente Fermin Palacio de Torres, tanto caricato da essere caricaturale. Lo stesso ispettore Fumero è così cattivo da sembrare un personaggio dei fumetti.
I due protagonisti, a un tratto, si trovano a vivere, a distanza di anni, quasi la stessa storia: entrambi perseguitati da Fumero, entrambi innamorati di una ragazza di classe sociale più elevata, e quindi contrastati nel loro sentimento, entrambi amici del fratello della loro innamorata e ben conosciuti dai di lei familiari.
A volte la trama si perde e sembra arrivare in un vicolo cieco: è in questi momenti che arriva qualcuno che racconta fatti che sono fondamentali per il prosieguo della vicenda. Di deus ex machina nel romanzo ce ne sono almeno tre e l'ultimo, un manoscritto che l'ultima vittima dell'ispettore Fumero ha lasciato al padre perché lo consegni a Daniel Sempere, è quello risolutivo, che taglia tutti i nodi e svela tutti i perché.
L'uso eccessivo di questi interventi esterni e inaspettati costituisce uno dei punti deboli del romanzo dal quale, forse, mi aspettavo altra articolazione nello svolgimento della trama. Un vago senso di fastidio, poi, l'ho provato nel leggere alcune pagine centrali del libro, che sembravano messe lì per arrivare a tagliare il traguardo delle quattrocento pagine, ma forse questa mia considerazione è troppo severa.
Lettura piacevole, divertente, anche avvincente, pur se, come abbiamo visto, con qualche limite, mostra la predisposizione dell'autore a scrivere libri per giovani, insomma, per quelli che non leggono più Henry Potter ma non hanno ancora affrontato Marquez.
Uno dei pregi del libro è l'ambientazione. Chi conosce Barcellona si trova a casa: la vicenda, infatti, si svolge nella città antica, quella del Barrio Gotico, del Born, della Ribera, del Raval, fatta di viuzze, di odori, di case di mattoni, di un'architettura più semplice e meno colorata di quella della Barcellona modernista, di Gaudì e degli altri architetti di fine Ottocento, inizi Novecento e questa ambientazione un po' gotica non nuoce al romanzo, anzi, gli conferisce un certo non so che.

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