martedì 2 luglio 2013

Protagora e il web (ossia come cambia la misura delle cose)

Duemila e quattrocento anni fa il filosofo greco Protagora asseriva che l'uomo è la misura di tutte le cose, di quelle che sono in quanto sono e di quelle che non sono in quanto non sono. Cosa intendesse Protagora per "uomo" e "cose" non è certo e, in questi ultimi ventiquattro secoli, molte sono state le interpretazioni avanzate. Secondo Platone, per Protagora l'"uomo" era l'essere umano e le "cose" gli oggetti come erano percepiti attraverso i sensi: la realtà, quindi, non è oggettiva, ma cambia secondo le percezioni di chi la osserva.
Nel Ventesimo secolo correnti di pensiero interpretarono "uomo" come "civiltà" e "cose" come gli ideali sui quali sono fondate. La realtà, quindi, sarebbe interpretata secondo il giudizio comune della comunità alla quale appartiene l'osservatore.
Una terza interpretazione fa coincidere "uomo" con "genere umano", "Umanità" e "cose" con "realtà" in senso generico. L'uomo, quindi, giudicherebbe la realtà secondo i parametri comuni della specie razionale alla quale appartiene, cioè dell'Umanità.
A ben vedere, le tre interpretazioni non sono in contrasto tra loro: a seconda del contesto l'uomo giudica come individuo, come comunità o come Umanità; è lo stesso Protagora ad affermare che non si deve preferire un'interpretazione a un'altra, perché non sono in contrasto tra loro, secondo quanto afferma la stessa asserzione.
Oggi la misura delle cose, almeno sul web, non è più l'uomo, ma la SERP (Search Engine Results Page), ossia la "pagina dei risultati del motore di ricerca": l'"esistenza", la "realtà" di una "cosa", di un "concetto" è infatti strettamente legata alla sua posizione nella pagina di ricerca di Google, tanto che qualcosa che non appare nella prima, o al massimo nella seconda pagina della SERP è come se non esistesse, perché nessuno, o quasi, si spinge oltre. "Oggetti" che godono di una buona reputazione, secondo quelli che sono i parametri del motore di ricerca, che sono citati da molte pagine, che sono spinti da tecniche di posizionamento condannano all'oblio della terza pagina (e delle successive) contenuti che possono essere almeno altrettanto validi ma che non hanno una reputazione sufficiente. L'uomo non è più misura delle cose, ma la subisce, da protagonista diventa spettatore di interpretazioni della realtà gestite da macchine e algoritmi. Non credo sia un progresso, di sicuro è comodo perché sposta il peso della decisione, anzi, quasi lo annulla.
Mario Govoni