domenica 4 ottobre 2009

Cultura e incultura

Caro Mario,
vorrei condividere con te questa mia riflessione. Si fa tanto parlare di cultura di destra e cultura di sinistra, di intellettuali di destra e di intellettuali di sinistra (com'è brutto che la parola “intellettuale” sia, a volte, usata come un insulto) e si sbaglia tutto, ci si comporta come lo stolto che guarda il dito e non la luna che indica.
La cultura, cito dal dizionario Garzanti della Lingua Italiana, è “patrimonio specifico di conoscenze e nozioni organicamente legate fra loro che un individuo possiede, e che contribuiscono in modo sostanziale alla formazione della sua personalità”, quindi non è né di destra né di sinistra, ma, appunto, personale. Come si può classificare una cultura di destra o di sinistra? In base ai libri? Ho letto testi di Nietzsche ma anche di Bakunin e di Trotsky, non mi sono fatto mancare “La montagna dalle sette balze”, di Thomas Merton, che, come sai, era un monaco trappista, ma anche le “Provinciali” di Pascal. Ho letto, con gusto, Hemingway e Carver, Sciascia e la Morante, e cento altri saggisti e romanzieri. Allora? La mia cultura è di “destra”, di “centro” o di “sinistra”? Sono un laico o un mistico cristiano? Io sono io e basta, la mia cultura mi appartiene e non è né dritta né mancina, è cultura e basta, senza etichette. <
La contrapposizione vera non è tra destra e sinistra, ma tra cultura e incultura, che è cosa diversa dall'ignoranza. Ignorante è colui che ignora, che non sa: siamo tutti ignoranti, in misura diversa, perché nessuno può conoscere tutto. Come diceva Socrate, il vero sapiente è colui che sa di non sapere, quindi rispetto l'ignorante, perché io stesso lo sono e perché anche un analfabeta mi può insegnare qualcosa.
L'incultura è diversa: è strumentale disprezzo di chi non la pensa come te, è pigrizia, è (voluta o involontaria non importa) falsificazione di fatti incontrovertibili per dimostrare le proprie tesi, è scempio dell'intelligenza. L'incolto non pensa, non ragiona: accetta come fatti certi gli slogan che gli sono ammanniti da persone che lui ritiene superiori, e tutti coloro che non la pensano come lui sono dei sabotatori, dei pericoli per la società, dei paria da zittire o, perché no, da sopprimere anche fisicamente.
L'incultura è rozza e sprezza il ridicolo; ti cito un esempio: un noto esponente della Lega Nord si vantava del fatto che i padani discenderebbero dai Celti e dai Longobardi e nulla avevano a che fare con levantini e mediterranei. Il signore in questione, che ha fornito la sua versione della storia d'Italia non al bar, ma a un comizio, di fronte ad ascoltatori osannanti, ha ignorato che questo meticciamento è quantomeno improbabile: i Galli (i Celti), che abitavano originariamente la Pianura Padana, furono assorbiti dai Romani a partire dal Secondo secolo avanti Cristo, mentre i Longobardi, popolo affine ai Vandali che proveniva dalle steppe dell'Europa Centro-Orientale, si insediarono in Italia nel Sesto secolo dopo Cristo, con il permesso, anzi con la benedizione, dei Bizantini. Tra i due popoli, quindi, passano circa ottocento anni, sufficienti a diluire sangue e vino.
Sempre per continuare l'esempio, Piacenza, Cremona, Brescia e Varese sono città di origine romana, Bergamo risale agli Etruschi o ai Liguri, Milano è celtica, Venezia fu fondata da esuli della città romana di Aquileia, in fuga davanti ad Attila, Bologna è di origini etrusche, a Spina c'era una colonia greca e i Fenici, probabilmente, avevano commerci con i Liguri. La pretesa razza padana, quindi, non esiste visto che la regione fu abitata da tribù pre e protostoriche, da Etruschi, Liguri, Veneti, Celti, Romani, Goti, Longobardi, Vandali, Arabi (giunti fino ad alcune zone del Piemonte), Franchi e così via e fu dominata da Francesi, Spagnoli e Austriaci.
Si può obiettare che, in fondo, in Perù e in Bolivia abitano ancora i discendenti diretti dei popoli precolombiani; è vero, ma quelli vivono isolati dal mondo, in valli poste a tremila metri di quota, mentre i presunti padani sarebbero vissuti in una pianura a livello del mare, attraversata da un grande fiume e posta su una delle vie di transito tra Est e Ovest europei, condizioni oggettivamente un po' difficili per mantenere la purezza di una razza.
Ecco, la purezza della razza: anche questo è un concetto tipico dell'incultura; è un sogno da eugenetisti deviati, un delirio da Mein Kampf. Tutte le razze umane sono interfeconde, quindi tutti gli esseri umani appartengono alla stessa specie. Einstein, a chi gli chiedeva a quale razza appartenesse, rispose orgogliosamente: “Umana!”.
Perché, poi, temere il miscuglio tra etnie? Di solito dà frutti positivi: i Greci gettarono le basi della civiltà occidentale, ma non esisteva una razza greca: abitanti autoctoni, Minoici provenienti dal Creta, invasori Dori giunti dalle pianure germaniche contribuirono a forgiare un popolo che, poi, si espanse su tutte le sponde del Mediterraneo, entrando in contatto con Fenici, Egizi, Persiani e così via. Gli stessi Romani erano un miscuglio di popoli e razze differenti: Latini, Osci, Sanniti, Galli, Etruschi, Greci, Celtiberi, Berberi, Numidi, Punici e cento altri.
Nel mondo moderno le nazioni che appaiono più vive e vivaci sono Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Spagna, paesi nei quali convivono, anche se con seri problemi di ordine pubblico dovuti soprattutto a sperequazioni economiche e non a differenze razziali, persone di cento origini diverse: vogliamo paragonare questi paesi alla Cina? O all'Iran?
L'Italia rischia di diventare come questi ultimi, pur con una pressione demografica, e quindi con un ricambio generazionale, assai minore: un paese di vecchi rincoglioniti incapaci e impauriti da ogni innovazione.
Scusa questo lungo excursus e fammi tornare al mio pensiero principale. Dicevo che non esiste una cultura di destra e una di sinistra; purtroppo, però, negli ultimi quarant'anni questo concetto, a mio avviso elementare e di evidenza lampante, è stato cancellato e stravolto dai presunti titolari di un'ideologia ben precisa.
Dopo il Sessantotto, la più grande rivoluzione tradita della storia dell'umanità, infatti, gli “intellettuali” di sinistra presero a negare l'esistenza di una cultura di destra e a scomunicare, zittire, ghettizzare e delegittimare tutti coloro che la professavano. Ho assistito a spettacoli francamente indegni, come quando, nel 2008, Israele fu invitato al Salone del Libro di Torino e una fetta non piccola di sedicenti intellettuali ululò ai diritti violati dei palestinesi e boicottò la manifestazione, oppure come quando, nello stesso anno, il Papa (che non mi piace) non poté andare a far visita alla Sapienza per l'ostracismo rivoltogli da alcuni docenti e da numerosi studenti, e cito solo i più recenti.
A questo punto, dopo che gli asini raglianti della sinistra hanno fatto valere, per quarant'anni, le loro presunte ragioni, ecco che si lamentano perché la destra, chiamata a governare dalla maggioranza degli Italiani, si comporta nello stesso modo, con la stessa violenza ideologica. Da una parte un egualitarismo di maniera, un buonismo diffuso, un lassismo ingiustificato in nome di ideali mal compresi e mal applicati, dall'altra un richiamo a valori xenofobi e nazionalisti, a concetti di ordine applicati a cazzo di cane, a una sorta di liberismo che, di fatto, è una licenza a fare quel che si vuole in nome di logiche di profitto degne di paesi del terzo mondo.
Incolti di destra contro incolti di sinistra, in una guerra combattuta con armi diverse, ma che, francamente, ha stufato me e, spero, la maggior parte dei miei connazionali.
Del degrado del clima politico e civile di questo paese abbiamo esempi quotidiani, della presa di potere delle ideologie e della delegittimazione della cultura e delle idee abbiamo prove quotidiane.
Un esempio? Dal Tg1 e dai giornali di area governativa si sono levate critiche contro la manifestazione sulla libertà di stampa del 3 ottobre? Era nel diritto di chi le ha fatte; che poi si tratti di sicofanti o di leccaculi non è cosa che deve interessare noi, ma solo la coscienza dei diretti interessati. Hanno esposto le loro opinioni (giuste o sbagliate, indipendenti o prezzolate non importa): bene! Critichiamole e controbattiamole, ma non spingiamoci ad attaccarli da un punto di vista personale: in fondo sono loro che si guardano allo specchio tutte le mattine ed è a loro che deve piacere quello che vedono. Cos'è, invece, successo? Che i responsabili di queste critiche sono stati dileggiati, ingiuriati, additati al pubblico ludibrio, ma nessuno si è spinto a dire che il diritto a esprimere liberamente la propria opinione si estende anche a costoro e che è ininfluente che la loro opinione sia diversa dalla nostra.
Ritengo che la libertà di stampa in Italia sia in pericolo non tanto perché il presidente del consiglio si lancia in cause temerarie contro i giornali che lo criticano (le querele contro Unità e Repubblica in uno stato di diritto non avrebbero nessuna probabilità di essere accolte), quanto perché in più di un'occasione lo stesso personaggio, padrone di una catena di televisioni private, di una casa editrice e di una concessionaria di pubblicità, ha dichiarato pubblicamente che non capiva perché si dovesse fare pubblicità su giornali che parlano della (esistente) crisi economica o che attaccano il suo governo. In tutti i paesi civili questo sarebbe un caso evidente di conflitto di interessi: non fare pubblicità sul giornale del mio nemico (non avversario, nemico) e falla sul mio. Anche questo è un esempio di incultura, ma chi ci governa ne ha dati non pochi altri.
Un leader deve essere pronto a recepire e ad accettare le critiche, rispondendo in modo adeguato e non ridicolizzandole o ignorandole, altrimenti non è un leader. Centinaia di migliaia di persone ritengono che la libertà di opinione sia in pericolo? Non si può definire la manifestazione una farsa, ma bisogna sforzarsi di capire perché questi cittadini hanno sentito la necessità di manifestare. Se non lo si fa i casi sono due: o si sa benissimo che hanno ragione a temere, oppure li si considera sudditi e non cittadini.
Un altro esempio? Gli abruzzesi hanno chiesto più e più volte di essere coinvolti e consultati nei piani per la ricostruzione delle case crollate nel sisma: sono stati bellamente ignorati e sbertucciati nelle loro legittime richieste, anzi sono stati fatti cornuti e mazziati, visto che da gennaio, a soli otto mesi dal sisma, dovranno rimborsare le imposte non pagate nel 2009 in 24 “comode” rate, mentre i terremotati delle Marche e dell'Umbria hanno dovuto farlo dodici anni dopo e in centoventi rate. Da una parte si obbligano persone che hanno perso tutto a pagare le tasse (e i mutui sulle case crollate, ma questo è un altro discorso) non si sa con i redditi di quali attività, dall'altra si è atteso che la situazione tornasse nella normalità per chiedere la restituzione delle somme momentaneamente non riscosse.
L'opposizione, del resto, non si comporta meglio: Il presidente della repubblica firma il decreto (abominevole e vergognoso, ma anche questo è un altro discorso) sullo scudo fiscale e il leader di uno dei partiti dell'opposizione lo definisce “un atto di viltà”: perché? Napolitano ha esercitato un suo diritto e inviato un preciso segnale all'opposizione: “firmo perché non vi siete presentati in aula e, se non firmassi, me lo rivoterebbero così com'è obbligandomi ad avallarlo. Se il decreto fosse stato respinto, cioè se voi foste stati in aula a votare contro, non avrei dovuto promulgarlo (sottinteso perché Napolitano è un vecchio gentiluomo) coglioni che non siete altro”.
Volevo solo parlare di cultura e non di politica, ma mi è stato impossibile: nell'Italia di oggi, che ha per modello Il Grande Fratello, le veline, il successo ad ogni costo, anche calpestando la dignità propria e quella altrui, non è possibile scindere le due cose.
La maggioranza, nella quale non mancano uomini colti, sfrutta l'incultura e si adopera a diffonderla, perché così riesce a sollevare la maggior parte dei suoi elettori dal peso di farsi un'opinione personale, che è sempre pericolosa: non si sa mai che possano cambiare voto.
La minoranza, nella quale non mancano gli uomini colti, si perde in una solipsistica contemplazione del proprio ombelico e rivendica la titolarità e l'esclusività di tutti gli ideali più nobili …
E mentre il paese affonda, circondato dal ridicolo delle altre nazioni, il maggior partito dell'opposizione si perde in una campagna elettorale interna dalla quale uscirà un segretario qualsiasi, non certo un leader capace di infiammare le folle. È triste dirlo, ma il prossimo segretario del PD sarà tutto, ma non certo l'Obama italiano.
Ciao Mario, scusa le chiacchiere e alla prossima.
Tuo Pourquoipas