domenica 17 febbraio 2008

Orlatrice (scrittura collettiva di Maria Mosella, Beniamino SIdoti, Fabrizio Manizza e Daniele Macchi)

Orlo del precipizio
e cucio desideri
e taglio pensieri
su tovaglie ricamate
poi con spago spargo
mi sporgo
intrinsecamente
voglio
voglia fulva
come fragola (Maria)

Sul baratro
un bar atro
e io affondo
ricordi e desideri.
Cerco un oracolo
ma trovo solo una Pizia.
Prego Pizia, "Preci, Pizia!"
Prego, dimmi.
Non so cosa voglio.
Non voglio quel che so. (Ben)

Oracolo ora tracollo
sul collo e sulla schiena
paura e brividi
Pizia, prego "non Preci, Pizia"
delizia
so cosa voglio
un futuro altro
inventa, Plizia (Maria)

profeta imperfetta
non chiedere il futuro
a chi il futuro lo vede
chiedilo a chi lo fa
a Delfo, a Samo, a Cuma
evita la nebbia e la bruma
a Cuma, a Delfo, a Samo
il futuro invento e chiamo.
Più lo stringo tra le mani
più scivola come sabbia
come tempo
a Cuma a Samo a Delfo (Ben)

Cuma, Samo, Delfo
già odo
odore malsano
tornano indietro
vento le mie parole
Non dirmi Plizia
mestizia (Maria)

Oracoli monocoli
non vedono il futuro.
Del destino il vasto orbe
incompleto sempre appare
a chi d'un occhio è orbo.

Né due occhi sono meglio.
Quattro occhi ancora peggio
dato che son solo occhiali.

Scruta a fondo il Terzo Occhio,
brilla occulto al foro interno.
Le donne sole sanno dov'è,
scelte da sempre per profetesse.
Fulve o bionde sopra tutte:
bronzo o oro nei capelli,
lo scintillio di arcani metalli.
Esse sole sanno, sempre,
anche quando non san di sapere. (Fabrizio)

odore di iodio
profeti sul mare e sul vento
odo re di odio
dio di sventura che grida contento
o dò ore e dì, od io...
il tempo non si misura a parole

e se le tue parole, Plizia,
davvero sono vento,
che siano aquilone - vento giocattolo,
e non scirocco, vento dei pazzi sciroccati,
che siano tramontana dell'alba
e non bora boriosa
che siano grecale levantino
e non maestrale pedante

Plizia? Mestizia?
in amicizia, più letizia!
che tanta mestizia,
nemmeno in beozia,
manco in dalmazia,
forse forse in scizia.
Lì c'è mestizia,
non fa nemmeno notizia.
Ma qui? Ci si sfizia,
ci si vizia, ci si inizia
E il vento è una lontana sfinge egizia (Ben)

seduta sta
mestizia
parole e nuvole
fulmini e pensiero
temo fremo spero (Maria)

e la speranza morde
la speranza ingiallisce
sbiadisce
oracolo ora tracollo
sul collo e sulla schiena
bionda speranza
vana va (Maria)

bionda? Fulva? sempre a me caro fu...
Speranza vana in vano attendo
trasudo mentre sputo la sentenza,
ora colo ora sudo e mai più vani allori.
Cosa siamo noi? Perché!!! (Daniele)

"Cielo in una bottiglia
Siamo
Sabbia rosa in un astuccio
Siamo
Gialle gocce di acqua piovana
racchiuse in un ricordo
Siamo"
Samo dice
non risponde
a questa
di domande tra mille
e tra sudo vomito incolore
e cado
ma graffio
mi rialzo
e grido
stringo
mi sporgo
intrinsecamente
credo
non cedo (Maria)

Al bar atro suona la campana
di chiusura; era castana
la speranza, ora è tinta,
bionda ma finta
spero fremo temo.
Ma è naturale espressione
di desiderio, di passione.
Domani la speranza curva
cambia strada e si fa fulva. (Ben)

2 commenti:

Mario Govoni ha detto...

Orlatrice è un curioso esempio di scrittura collettiva a otto mani, con interventi di Maria Mosella (che ha lanciato il sasso nello stagno), Ben Sidoti, spericolato acrobata verbale, Fabrizio Manizza e Daniele Macchi.
Ve lo ripropongo unificando i diversi contributi in un unicum,

maria ha detto...

Grandioso esempio di come la scrittura a più mani possa servire a unire e a stimolare la creatività