venerdì 4 giugno 2010

Ho letto: "Anonimo veneziano" di Giuseppe Berto

Qualche giorno fa passeggiavo per Portalba, il quartiere dei librai napoletano, dove, rovistando tra le bancarelle, è sempre possibile fare qualche scoperta interessante. Su un banchetto, in mezzo a vecchi tomi muffiti e polverosi, ho trovato un librettino, di poco più di cento pagine, dal titolo conosciuto: "Anonimo Veneziano".
Avevo visto il film, uscito nel 1971 per la regia di Enrico Maria Salerno e interpretato da Florinda Bolkan e Tony Musante, ma non conoscevo il romanzo. Rapida lettura all'introduzione dell'autore ed ecco svelato il mistero. Il romanzo era derivato dai dialoghi che Giuseppe Berto aveva scritto per Salerno. Il parlato era lo stesso del film ma tutta la parte descrittiva, che in un'opera cinematografica è affidata alle immagini, era stata ottenuta ampliando le didascalie, ossia le descrizioni che lo sceneggiatore fornisce al regista.
Quando da un libro deriva un film, spesso il risultato è, in qualche modo deludente: qui il percorso seguito è quello inverso, perché è dal film che è derivato il romanzo e il risultato, che poteva essere altrettanto deludente, è, al contrario, sorprendente, nonostante un incipit di rara lentezza, quasi scostante.
La storia è una storia d'amore tra un lui e una lei dei quali non conosciamo nulla, se non brandelli di vita: non il nome, non l'aspetto fisico, se non come sono vestiti, e pochissimi altri particolari, come il seno piccolo di lei e la capigliatura di lui.
I nostri si sono amati tantissimo, di un amore carnale e disperato, litigioso, infedele, almeno da parte dell'uomo. Si sono sposati perché lei era incinta e si sono separati perché a un certo punto sempre lei non riusciva più a sopportare le sregolatezze dell'uomo, il suo scialacquare un limpido talento di musicista.
Lui l'ha chiamata a Venezia, una Venezia autunnale, morente, quasi in decomposizione, e lei arriva, diffidente, aspettando chissà quali iniziative del marito, che le ha sempre rifiutato la separazione. Lei vive a Milano, è la compagna di un uomo ricco, dal quale ha avuto una seconda figlia, e teme che il marito voglia soldi per concederle la separazione, o avanzi pretese sul figlio, che non vede da otto anni, o chissà cos'altro.
L'incontro in stazione è quello di due animali che si guatano, si fiutano, si temono: Venezia fa da testimone ai loro bisticci, alle loro piccole crudeltà reciproche, al loro amarsi ancora nonostante tutto. "Nec tecum nec sine te vivere possum": non possono vivere assieme ma nemmeno separati, questa è la scoperta di quel pomeriggio. Lei si rende conto che, nonostante i litigi, nonostante gli otto anni trascorsi, lo desidera ancora e crede, o in fondo spera, che lui l'abbia fatta venire a Venezia per fare l'amore.
Lui le racconta che, assieme a un gruppo di giovani musicisti, sta incidendo, in quella che era stata la loro casa, trasformata parzialmente in studio di registrazione, un concerto per oboe e archi di Alessandro Marcello, musicista veneziano del XVIII secolo. fratello del più noto Benedetto. Questa incisione è una sorta di testamento spirituale che lui lascia ai posteri e, soprattutto, al figlio, che praticamente non ha nemmeno conosciuto, per dimostrare la grandezza del suo genio. Testamento perché è afflitto da un male incurabile, un tumore al cervello che gli lascia soltanto pochi giorni di vita. Questo è il motivo che lo ha spinto a chiedere alla moglie di venire a Venezia.
Mentre ascoltano la registrazione del primo movimento del concerto i due si riavvicinano, scoprono di amarsi ancora, riscoprono un'intimità dimenticata. Poi arrivano i musicisti per registrare un altro movimento del concerto e lui le chiede di rientrare a Milano; lei vorrebbe fermarsi ma lui è irremovibile. Comincia la registrazione e lei è sulla porta che non sa risolversi ad andarsene: lui sbaglia il tempo, stona, non è lucido. Le fa segno di andarsene; lei si decide, esce da quella casa, che un tempo fu di entrambi, e scende le scale allontanandosi per tornare in stazione. Lui riprende l'oboe. Un cenno. La musica riparte potente e limpida.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Un libro durissimo che tutti dovrebbero leggere per farsi un'idea di cosa sia il rapporto fra amore e morte. Grande Berto, come sempre.
FS