Questo è un libro che non dovrebbe mancare nella biblioteca di ogni netizen. Scritto a quattro mani da Arturo Di Corinto, ricercatore e docente alla Sapienza, consulente della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dell'Onu, autore di numerosi saggi e articoli per “Il Sole - 24 ore”, e Alessandro Gilioli, giornalista del "L'Espresso" e titolare del blog "Piovono rane", affronta, con ricchezza di documentazione e casi di studio, lo stato di arretratezza nella quale versa la Rete italiana, sospesa tra l'ignoranza, la supponenza e l'incapacità di comprensione di una classe politica inadeguata e inefficiente, come poche al mondo, e l'arrogante pretesa di bloccarne o ritardarne lo sviluppo per favorire altri media, sia per tutelare gli interessi economici del Presidente del Consiglio, sia per limitarne la forza dirompente di strumento di libertà.
Il libro mostra che il re è nudo, evidenziandone i lampanti conflitti di interesse, ma anche che l'opposizione non è certo più vestita, quando alcuni dei suoi principali leader dichiarano di avere più a cuore lo sviluppo di distretti piccoloindustriali (che da una Rete forte e diffusa avrebbero solo da guadagnare) o dimostrano di non aver capito che non esiste un “popolo della Rete”, virtuale e costituito da pallidi ectoplasmi che si abbronzano alla fioca luce del monitor, che non si sa come raggiungere né chi e cosa rappresenti. Parlare di “ popolo della Rete” ha senso come descrivere il “popolo di chi frequenta le palestre” o il “popolo di chi esce di casa alle sette di mattina”. È un modo semplicistico e qualunquistico per descrivere un fenomeno che non si conosce e non ci si sforza di avvicinare. Il “popolo della Rete”, tanto caro a politici e giornali in vena di approssimazione, siete tutti voi che state leggendo questo post, sono io che l'ho scritto, sono le persone reali, con gioie e dolori, debiti e problemi, che frequentano una Rete legata a connessioni obsolete, castigata da un immeritato divario digitale, frequentata da santi e malfattori, esattamente come il mondo reale, ma capace, tuttavia, di generare i suoi propri anticorpi.
La Rete fa paura al Presidente e ai suoi uomini, arroccati nella difesa di aziende televisive ed editoriali, perché è l'unico medium che vede aumentare i propri introiti pubblicitari e, soprattutto tra i giovani, mostra di avere un fascino ben superiore alla televisione.
La Rete è boicottata dai suoi gestori, che si devono rifare dei costosi investimenti fatti su tecnologie obsolete: non credo sia un caso che il principale fornitore di connettività italiano condivida la proprietà con il principale produttore di cavi.
La Rete è percepita dai nostri governanti non come un diritto inalienabile di tutti, ma come una graziosa concessione, come se vivessimo ai tempi di Maria Teresa d'Austria e dell'Illuminismo, e questo nei giorni nei quali l'Unione Europea e alcuni stati nazionali sanciscono l'inalienabile diritto dei cittadini, di tutti i cittadini, ad avere un'efficiente connessione a Internet.
La Rete fa paura ad alcune categorie professionali e imprenditoriali, che non sanno come fare affari su di essa e hanno il timor panico di veder erodere, fino alla scomparsa, rendite di posizione ormai anacronistiche e immotivate; i giornalisti meno avveduti e lungimiranti, poi, lungi dal capire le enormi potenzialità del web, pensano alla iattura di un'informazione libera e diffusa, nella quale tutti siamo produttori e consumatori di contenuti e notizie.
Infine della Rete fa paura la Libertà, di comunicare, di creare anche riutilizzando l'esistente, di scambiare notizie e informazioni, fa, in poche parole, paura tutto, come se ci si trovasse di fronte a un mostro dalle mille teste pronto a distruggere chiunque gli si accosti.
Nessuno si sforza di capire che la Rete è vitalità, velocità, una sorta di Zang Tumb Tumb futurista, ragnatela lungo i fili della quale corrono, in egual misura, creatività e sviluppo economico. Stando così le cose nel breve-medio periodo siamo destinati a diventare un paese da Terzo mondo, non solo per quello che riguarda la connettività alla Rete, ma anche lo sviluppo economico, sociale e culturale che a essa segue.
“I Nemici della Rete” è un libro polemico ma non settario, che evidenzia contraddizioni e meschinità, bizantinismi e piccinerie al limite del grottesco quando, ad esempio, si cerca di far passare come provvedimento contro la pedofilia on line una misura illiberale che, a scavare un po', mostra il volto dell'industria dell'intrattenimento, che si ostina a considerare furto quello che chiunque chiamerebbe condivisione, o le regole che, con la pretesa di combattere il terrorismo, impediscono la diffusione della connessione senza fili a banda larga.
Un orizzonte cupo dunque, da cyberpunk gibsoniano? No, l'Italia, come il solito, si mostra migliore di chi la governa e Arturo e Alessandro concludono il libro con pagine di ottimismo, nemmeno tanto cauto, e parole di speranza, descrivendo realtà giovani, coraggiose e consapevoli che lavorano, pur tra mille laccioli e difficoltà, per creare un futuro migliore per tutti.
“I Nemici della Rete” è un libro che va letto, prestato, diffuso e discusso per aumentare il livello di consapevolezza di tutti.
Mi piace concludere con una frase, ripresa dal libro, pronunciata Lawrence Lessig il 16 marzo 2010 a Montecitorio: “La guerra a internet è una guerra contro i nostri figli”; ne stiamo già facendo tante di guerre ai nostri figli: depauperamento delle risorse, inquinamento, debito pubblico ciclopico … non lasciamo loro in eredità anche questa.
Buona lettura.
La scheda del libro si può trovare qui:
e qui:
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